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La Fenice, spesso nota anche con l'epiteto di Araba Fenice, era un uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. 

Gli antichi egizi  furono i primi a parlare del Bennu,(dal Verbo Benu, che significa risplendere) 
che poi nelle leggende greche divenne la Fenice
.
 

In Egitto  era solitamente raffigurata incoronata con l'Atef o con l'emblema del disco solare.

Il suo legame col Sole la rende simbolo di immortalità. Gli antichi, Egizi, Greci e Cinesi, fra gli altri, ne parlavano con ammirazione e in qualche caso invidia, come se la fenice fosse in qualche modo proiezione di quei desideri inconsci d’immortalità che abbiamo tutti.


Al contrario di tanti altri animali fantastici, però, molti storici pensano che la fenice mitologica sia stata ispirata da qualche uccello realmente esistito.



Già nei Testi delle Piramidi (2375-2055 a.C.) e in altri scritti geroglifici troviamo indicazioni sul Bennu (un uccello  sacro che aveva circa l’aspetto di un ibis, dal colore splendido, dorato o rosso, con la lunga coda azzurra e le piume infuocate. Dalla testa partivano due lunghe piume di colore diverso, sempre azzurre, rosse o dorate;  veniva in genere raffigurato con l’Atef, il simbolo del disco solare, in cima al capo, proprio perché i trampolieri sorgono dall’acqua come il Sole all’alba.
Il bennu arriva a rappresentare addirittura il Ba, una parte dell’anima del dio Sole.Era il protettore del pianeta Venere e compagno del dio Osiride, dal quale ricevette una corona dorata o lo stesso Atef, e l’immortalità.



Dopo aver vissuto per 500 anni, la Fenice sentiva sopraggiungere la sua morte, si ritirava in un luogo appartato e costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma.
Qui accatastava ramoscelli di mirto, incenso, sandalo, legno di cedro, cannella, spigonardo, mirra e le più pregiate piante balsamiche.
Infine vi si adagiava, lasciava che i raggi del sole l'incendiassero, e si lasciava consumare dalle sue stesse fiamme mentre cantava una canzone di rara bellezza.
Dal cumulo di cenere emergeva poi una piccola larva (o un uovo), che i raggi solari facevano crescere rapidamente fino a trasformarla nella nuova Fenice nell'arco di tre giorni.


La prima descrizione dettagliata della fenice, che prende questo nome proprio dalla parola greca phoinix, la troviamo in Erodoto, storico che scriveva dalle parti di Atene cinque secoli prima della nascita di Cristo.


<<Un altro uccello sacro era la Fenice
Non l'ho mai vista coi miei occhi, se non in un dipinto, poiché è molto rara e visita questo paese (così dicono ad Heliopolis) soltanto a intervalli di 500 anni: accompagnata da un volo di tortore, giunge dall'Arabia in occasione della morte del suo genitore, portando con sé i resti del corpo del padre imbalsamati in un uovo di mirra, per depositarlo sull'altare del dio del Sole e bruciarli.
 Parte del suo piumaggio è color oro brillante, e parte rosso-regale (il cremisi: un rosso acceso). 
E per forma e dimensioni assomiglia più o meno ad un'aquila.
>>


Proprio a questo resoconto di Erodoto, dobbiamo l'erronea denominazione di "Araba Fenice". 


Ovidio,
nelle Metamorfosi, ci narra della fenice:


Ovidio dice: <<...si ciba non di frutta o di fiori, ma di incenso e resine odorose. Dopo aver vissuto 500 anni, con le fronde di una quercia si costruisce un nido sulla sommità di una palma, ci ammonticchia cannella, spigonardo e mirra, e ci s'abbandona sopra, morendo, esalando il suo ultimo respiro fra gli aromi. Dal corpo del genitore esce una giovane Fenice, destinata a vivere tanto a lungo quanto il suo predecessore. Una volta cresciuta e divenuta abbastanza forte, solleva dall'albero il nido (la sua propria culla, ed il sepolcro del genitore), e lo porta alla città di Heliopolis in Egitto, dove lo deposita nel tempio del Sole.>>


Date le tante testimonianze (Plinio il Vecchio, Tacito, Marziale e altri), gli storici tendono a pensare che i latini si siano ispirati a qualche animale reale, tanto più che ci sono scritti di soldati romani che affermano di averne catturata una.
Si è pensato così al fagiano dorato, alla garzetta, simile all’airone, all’ibis rosso o a qualche specie esotica ormai estinta, magari affine agli uccelli del paradiso, diffusi in Australia, nelle Molucche e in Nuova Guinea.



Il Fisiologo,
primo bestiario cristiano
,

( Un bestiario, o bestiarum, è un compendio che descrive gli animali, o bestie. Nel medioevo si trattava di una particolare categoria di libri che raccoglievano brevi descrizioni di animali (reali ed immaginari) accompagnate da spiegazioni moralizzanti e riferimenti tratti dalla Bibbia
.)

cita il favoloso uccello:

IX) La fenice
C'è un altro volatile che è detto fenice.
Nostro Signore Gesù Cristo ha le sua figura, e dice nel Vangelo:


<< Posso deporre la mia anima, per poi riprenderla una seconda volta >>.


IX) De fenice
Est aliud volatile quod dicitur phenix. Illius figuram gerit Dominus noster Iesus Christus, qui dicit in Evangelio suo: «Potestatem habeo ponendi animam meam et iterum sumendi eam»





Già simbolo della Sapienza divina (cfr. Giobbe 38 verso 36), intorno al IV secolo d.C. venne identificata con Cristo presumibilmente per via del fatto che tornava a manifestarsi 3 giorni dopo la morte, e come tale venne adottata quale simbolo paleocristiano di immortalità, resurrezione e vita dopo la morte.

La Divina Commedia


Ne troviamo una citazione mentre Dante e Virgilio visitano la Settima Bolgia, quella dove sono puniti i ladri, eternamente morsi da serpenti coi quali scambiano le fattezze. 
E proprio durante la descrizione di una delle trasformazioni, Dante usa come paragone la fenice. Non manca niente della leggenda classica:
 i cinquecento anni di vita, il nido di arbusti odorosi, la rinascita dalle ceneri
.:



         Così per li gran savi si confessa
         che la fenice more e poi rinasce
,
    quando al cinquecentesimo anno appressa;

          erba né biado in sua vita non pasce,
          ma sol d'incenso lagrime e d'amomo,
           e nardo e mirra son l'ultime fasce.

  (Inferno XXIV, 107 - 111). 

 


Al giorno d'oggi sopravvive il modo di dire 
"essere una fenice", per indicare qualcosa di cui non si conosce l'uguale, introvabile, un esemplare unico e soprattutto inafferrabile, secondo il ben noto detto di Metastasio  ("Demetrio", atto II, scena III):

«Come l'araba Fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa».



La fenice nel mondo 

Vi sono controparti della Fenice in praticamente tutte le culture: 
sumera, assira, inca, azteca, russa 
(l'uccello di fuoco), 
quella dei nativi americani (Yel), e in particolare nella mitologia cinese (Feng), 
indù e buddista (Garuda), 
giapponese (Ho-oo o Karura), 
ed ebraica (Milcham).
coreano (
bonghwang).
vietnamita (Phượng Hoàng).




In Cina

Nella mitologia cinese c’è un gruppo di quattro creature sacre, “coloro che hanno lo Spirito”, che proteggono la Cina
Sono
Bai Hu, la tigre
, che rappresenta gli animali coperti di pelo ed à la guardiana dell’Ovest; a seconda della regione, viene sostituita da Ki-Lin, l’unicorno
Il Nord è sotto la protezione del signore degli animali corazzati,
Gui Xian, una tartaruga

L’Est gode dello sguardo vigile del potente
Long, il drago
che protegge gli animali con le scaglie. 
Gli animali piumati
godono del canto fatato di Feng
(o Fêng-Huang o Fum-hwang ), che trova la sua dimora a Sud.
    

La fenice
cinese è uno dei quattro esseri soprannaturali detti sishen, insieme alla
tartaruga, al drago e alla tigre.
I quattro animali suddetti sono associati ai quattro elementi (rispettivamente fuoco, acqua, legno e metallo), alle quattro direzioni e alle quattro stagioni.
Specificando, il drago verde è l'emblema dell'Est, della primavera, del legno; la tigre bianca, dell'Ovest, dell'autunno e del metallo; la tartaruga e il serpente intrecciati, del Nord, dell'inverno, dell'acqua; l'uccello rosso o fenice, del Sud, dell'estate, del fuoco.


I maschi sarebbero i Feng e le femmine Huang. Oggi questa distinzione non viene più fatta e Feng e Huang sono sono uniti in un'unica entità femminile,spesso accoppiata a quella maschile del drago.

 


Per i cinesi si identifica nel binomio di forze
Yin e yang.


Nell'Alchimia taoista la fenice corrisponde all'elemento del CINABRO. Si dice che nasca in una grotta di Cinabro nel polo Sud. La Fenice si posa sull'albero Wu Tong (Paolownia Imperialis), così come quella occidentale si posa sulla Palma. 

Il cinabro è un minerale dall'aspetto rossiccio noto già ai romani. Ancora oggi è la fonte principale da cui si ricava il mercurio (Hg).
In genere si presenta in masse che hanno un tipico colore rosso vivo.
Ha un'origine magmatica teletermale, cioè a temperature inferiori ai 100°C. Si forma nei pressi dei vulcani.
testa della Fenice orientale compaiono dei segni che significano -Virtù- sulle ali -Giustizia- sul dorso -Riti- sul petto -Umanità- sul ventre –Sincerità.


ll piumaggio
viene quindi associato ai cinque colori: il blu
all'amicizia, il giallo all'onestà, il rosso alla saggezza,il bianco alla fedeltà, il nero alla carità.




L’attributo più in evidenza è la voce: da essa hanno origine le cinque note musicali della scala cinese.
 
Il corpo, nelle sue parti, è simbolo stesso del creato: la testa è il cielo, gli occhi il Sole, le ali il vento, gli artigli la terra, il dorso la luna e le piume i corpi astrali. 
La coda di Feng contiene i cinque colori primari.


Feng è imperatore di tutti gli uccelli e vive nel regno dei Saggi, a est della Cina, dove si nutre solo d’acqua purissima. È il primo a cantare all’alba: è lui cha dà il la a tutti i galli del mondo.

Racchiuse in sé tutte le caratteristiche più belle degli altri animali
.

I doni del Feng sono potere ricchezza e vita.
 
In alcune zone della Cina gli attribuiscono il compito di portare l’anima del neonato alla madre.

 

La fenice cinese è quindi, come dichiara Saussure (1909), il primo nucleo del mitologema dell'uccello di fuoco connesso ai temi di morte e rigenerazione.


Esiste un materiale particolare che determina l’arte della mitologia
un’antica massa di materiale tramandata in racconti ben conosciuti che tuttavia non escludono ogni ulteriore modellamento, – “mitologema” 
è per essa il migliore termine greco,
racconti intorno a dèi, esseri divini, lotte di eroi, discese agli inferi. La mitologia è il movimento di questa materia; qualcosa di solido e tuttavia mobile, materiale e tuttavia non statico, bensí suscettibile di trasformazioni.


Esiste un materiale particolare che determina l’arte della mitologia: un’antica massa di materiale tramandata in racconti ben conosciuti che tuttavia non escludono ogni ulteriore modellamento, – “mitologema” è per essa il migliore termine greco, – racconti intorno a dèi, esseri divini, lotte di eroi, discese agli inferi. La mitologia è il movimento di questa materia; qualcosa di solido e tuttavia mobile, materiale e tuttavia non statico, bensí suscettibile di trasformazioni.




Feng rappresenta la forza primordiale 
del cielo

Ha in genere caratteristiche sorprendentemente simili alla sua controparte occidentale, anche se, mitologicamente parlando, riesce ad avere valenza perfino superiore
.

Solo imperatori e consorti potevano portare su di sé il simbolo del Feng, il disco solare.


Il Feng può essere maschio o femmina, e vivere in coppia - coppia che rappresenta la felicità della coppia di sposi.


In Giappone

In Giappone la Fenice figura col nome di Ho-ho o Karura (storpiatura del nome sanscrito Garuda
): 
è un'enorme aquila sputa fuoco dalle piume dorate e gemme magiche che ne coronano la testa, ed annuncia l'arrivo di una nuova era.




In India

 

 Ha ali e becco d'aquila, un corpo umano, la faccia bianca, ali scarlatte e un corpo d'oro. È uno dei supremi veggenti d'infinita coscienza.
Narra la leggenda indù che Kadru, madre di tutti i serpenti, combatté con la madre di Garuda, imprigionandola. 
Garuda andò quindi a recuperare del Soma, che lo rese immortale, per liberare sua madre da Kadru. Viṣṇu, colpito da ciò, lo scelse come avatar (l'incarnazione terrestre) o destriero. 
Comunque, Garuda mantenne un grande odio verso i Naga (la famiglia dei serpenti e dei draghi), e ne ammazzava uno al giorno per pranzo. 
Poi però un principe buddista gl'insegnò l'astinenza, e Garuda riportò in vita le ossa di molti dei serpenti che aveva ucciso.




Leggenda Ebraica



Nelle leggende ebraiche, la Fenice viene chiamata Milcham. 
Dopo che Eva  mangiò il frutto proibito, divenne gelosa dell'immortalità e della purezza delle altre creature del Giardino dell'Eden — così convinse tutti gli animali a mangiare a loro volta il frutto proibito, affinché seguissero la sua stessa sorte. Tutti gli animali cedettero, tranne la Fenice — che Dio ricompensò ponendola in una città fortificata dove avrebbe potuto vivere in pace per 1000 anni. Alla fine di ogni periodo di 1000 anni, l'uccello bruciava e risorgeva da un uovo che veniva trovato nelle sue ceneri.

Cristiani

I padri della Chiesa accolsero la tradizione ebraica e fecero della fenice il simbolo della resurrezione della carne. 
La sua immagine ricorre frequentemente nell'iconografia delle catacombe.

Dante Alighieri la cita in una similitudine dell'Inferno (XXIV 106-115).         VEDI SOPRA




Altre civiltà ci sono figure corrispondenti:



 Quetzalcoatl
, il dio uccello (o serpente piumato) dell'America centrale, aveva il dono di morire e risorgere; grande sovrano e portatore di civiltà.
Da un'iscrizione Maya del 987 d.C.: "Arrivò Kukulcàn, serpente piumato, a fondare un nuovo stato".
I toltechi ne parlano come di un re-sacerdote di Tollan, che morì nello Yucatan, forse arso su un rogo (come la Fenice).
- Wakonda, uccello del tuono degli indiani Dakota.
 


















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